Il mio viaggio da Delhi a Varanasi

Unica direzione, 7 compagni di viaggio, transfer, tuktuk, treno notturno e tanto altro nel mio viaggio in India.

L’unica volta in cui il pensiero di visitare l’India mi è passato per la testa fu durante il viaggio a Zanzibar parlando con la mia coordinatrice WeRoad Teda e della sua esperienza in quella terra. Ero esterrefatto, impaurito, per nulla attratto. Bisogna però dire che non mi sono mai soffermato a studiare meglio questo paese e per quale motivo dovessi visitarlo. Era un’altra vita, l’ipotesi di prendermi un periodo di aspettativa dal lavoro di certo non era nella mia testa, ancora. Credo che la decisione di prendermi una pausa dal lavoro e provare a cambiare radicalmente la mia vita e le mie abitudini abbia influito non poco nel rispolverare curiosità, desiderio, incoscienza nell’intraprendere viaggi particolari. Il passaggio verso l’idea di star fuori per tre mesi, beh, quello è arrivato all’improvviso.

Non avendo alcun tipo di aspettative da questa terra, scelgo di affrontare il viaggio in compagnia, anche per creare un mood più “leggero” e perché no darsi anche una mano a vicenda. Quello che si delinea una volta atterrato a Nuova Delhi è sconcertante, e non capisco se in positivo o in negativo; completamente disorientato da ciò che mi succede intorno. L’aria è intrisa di terra, il cielo mai del tutto limpido, sembra una foto con una patina perenne di un colore non ben identificato tra il bianco e il marrone. Clacson, solo incessanti clacson e traffico. Sembra un inferno organizzato, ma pronto a inghiottirti se fai un passo falso. Il tutto è condito dai mille odori di cucina e spezie che il primo giorno ti incuriosiscono, vorresti assaggiare tutto, ma che dopo dieci giorni vorresti solo tornare a casa, aprire il cassetto delle spezie in cucina e fiondarlo giù dal balcone incurante degli eventuali passanti.

La differenza tra la città vecchia e quella nuova sta nel concetto di spazio vitale, ma non nella densità abitativa, che resta al di sopra di ogni pensiero cosciente. 38 milioni di abitanti affollano ogni giorno questa metropoli poco più grande di Roma. Il loro concetto culturale è di vivere in poco spazio, possibilmente uno accanto l’altro, o sopra. È incredibile constatare, ovunque io sia stato in India, che le persone non hanno alcun tipo di problema nel convivere quotidianamente ammassati. Che sia per strada o nelle botteghe, sulle moto, nei tuktuk o nei treni; sempre ed esclusivamente incastrati tra di loro.

viaggio in India Tramonto sui templi di Orchha

Gwalior e Orchha sono principalmente delle cittadine famose per i loro forti e templi. Con il gruppo riusciamo a immergerci nella vita locale, “feste di paese”, nei mercati, respirando un po’ di vera India lontano dai tour organizzati. Il tramonto sui templi a Orchha è stato inaspettato; suggestivo vedere come il sole colori di rosso le guglie e lo accompagni secondo dopo secondo mentre va nascondendosi dietro ad esse.

Alba al Taj Mahal
ritratto bambina india

L’alba al Taj Mahal invece me l’aspettavo tanto imponente quanto il palazzo stesso. Complice il cielo non liberissimo dalle perenni foschie indiane. Ad ogni modo il fattore comune che più mi ha fatto riflettere è l’infinità di bambini per strada, sporchi come mai avevo visto in vita mia, nel fango, buttati per terra svestiti. Ciò che fa la differenza nel mio animo sono i loro occhi e sguardi, così profondi, quasi ipnotizzanti, che siano in grembo o meno; sono veramente un dono del cielo.

Tutte queste sensazioni mi devastano con lo stesso impeto di quanto mi emozionano. Riuscire a donargli un ssorriso, giocando con loro, comprandogli dei vestiti, un biscotto è il massimo che riesco a fare. La baraccopoli o colonia “slum” di Sanjay a Nuova Delhi è pure fantascienza per noi occidentali. Non sarebbe esaustiva alcuna descrizione rispetto a quanto i miei occhi, naso e orecchie hanno vissuto. Quasi l’intero importo della visita è devoluto, da parte della onlus che organizza la giornata, alla colonia stessa, occupandosi dell’istruzione per i bambini principalmente.

Vorrei raccontare a chi non può permettersi di viaggiare culture e terre lontane dai nostri concetti di stile di vita, attraverso i miei diari e fotografie. Non c’è stipendio che posso reggere il confronto con le emozioni che il genere umano può regalarti.

Il cibo indiano meriterebbe un capitolo a parte, ma in realtà il mio stomaco, naso e palato non mi hanno permesso di assaggiare tutto. È veramente tutto troppo speziato, impossibile descrivere gli odori che ti perforano tutti i sensi rendendoti insensibile, azzerandoti qualsiasi facoltà sensoriale. Non sono mai stato male ad eccezione di quando, in perfetto tempismo, io abbia deciso di dare di stomaco alle tre di mattina nel cestino più lercio della stazione ferroviaria più improbabile della mia vita, poco prima di salire sul treno notturno che ci avrebbe portato a Varanasi. Sono quegli episodi che ricorderò per sempre.

Non tornerò in India a breve, ma non per l’altalena di emozioni, ma per dare priorità ad altre mete. Ad ogni modo, che ho vissuto, visto, lo porterò come bagaglio, come esempio di rinuncia ai vizi e al consumismo sfrenato dell’occidente.

Sponda del Gange

Le tappe del mio viaggio

#1 Delhi – 26 febbraio. Prima passeggiata in questa metropoli. Temperatura sui 28-30°, non umido. Caos organizzato, traffico, clacson incessanti, baraccopoli e aree decisamente più curate si alternano nello scenario ai miei occhi. Niente semafori, anarchia stradale. Le prime corse in tuktuk mi fanno immergere pienamente in questa atmosfera di delirio. Mi riunisco pian piano con i miei compagni di viaggio nel pomeriggio e poi verso sera si brinda all’inizio di questa avventura.

#2 Delhi – 27 febbraio. Visita guidata della città:

Giro per Old Delhi, la città vecchia. Lo stesso caos lo ritrovo anche nella parte antica contraddistinta da stradine, piccole botteghe. Rimango impressionato dai vicoli, soprattutto il Chandni Chowk. Inizio a scattare qualche ritratto. Molti segni di degrado e povertà si palesano ai miei occhi. Le persone sono cordiali ma l’odore del cibo e delle spezie è già disturbante.

Visita alla colonia “slum” Sanjay. Praticamente è una fogna a cielo aperto di 25 ettari quadrati Una comunità nata attorno a piccole industrie tessili dedicate al riciclo di materiale di vestiti e stoffe. Per strada si alternano vacche, galline, corsi d’acqua putrida, stracci e balle di vestiti, bambini rigorosamente scalzi, sporchi che defecano all’aria aperta. Ci perdiamo nei vicoli, visitiamo case diroccate e parliamo con uno dei medici della colonia. Il “tour” è gestito da una NGO che devolve l’80% alla colonia stessa, principalmente per l’istruzione dei minori.

#3 Da Delhi ad Agra – 28 febbraio

La stazione ferroviaria di Delhi è l’esatta rappresentazione della città: baraccopoli con animali, mendicanti e turisti in partenza accompagnati da guide per non perdersi e indovinare il giusto binario. Arriviamo ad Agra con un treno in circa 3 ore.

Agra è una cittadina, la qualità dell’aria sembra migliore, ma il degrado, la povertà, la sporcizia e la confusione non tardano ad arrivare. Ci riuniamo con la nostra guida detto che ci porta subito al Taj Mahal attraverso un parco che ti permette di ammirarlo con una visuale posteriore. Il bagliore bianco del palazzo è a tratti accecante. Poco dopo andiamo a comprare abiti tradizionali per la sera, ma prima di cena non ci facciamo un tuffo in piscina per rinfrescarci.

Dopo cena facciamo una passeggiata nella via principale e ci perdiamo in una fiera locale. Iniziano tutti a fermarci per dei selfie (e sarà così per tutto il viaggio), siamo l’attrazione locale; mi fermano per guardare i tatuaggi, sono affascinati e forse impauriti. Rientriamo in hotel sul presto, pronti per mettere la sveglia prima dell’alba, direzione Taj Mahal.

#4 Agra – 1 marzo.

Ore 06:30, arriviamo all’ingresso principale del Taj Mahal, il cielo è un po’ schermato da una leggera foschia ma l’atmosfera è comunque suggestiva. Ore 07:30, il cielo si apre, il sole continua a salire, una palla rossa che svela luci e ombre che aggiungono ancora più fascino al palazzo.

#5 Gwalior – 2 marzo.

Visitiamo il forte Qila di Gwalior. Serata per le vie del paese con sagra e festa locale.

#6 Orchha – 3 marzo

Visita al mercato locale per le stradine. Finalmente riesco a rilassarmi e concentrami su qualche ritratto. Visitiamo il tempio Chaturbhuj.

Per pranzo abbiamo una cooking class presso una famiglia. Esperienza fantastica, persone splendide e gentilissime. Riusciamo a cucinare anche qualcosa non troppo speziata, il puri agli spinaci è qualcosa di divino.

Verso il tardo pomeriggio ci spostiamo sul fiume per ammirare il tramonto sui templi.

#7 Khajuraho – 4 marzo.

La città dei templi del Kamasutra. Visitiamo i principali e verso pranzo ci spostiamo verso il safari nel parco “penna tiger reservation” ma non vediamo alcuna tigre.

Relax fino a mezzanotte e poi tutti pronti per il treno notturno per Varanasi, che peccato fa 3 ore di ritardo e ci ritroviamo quindi a dover aspettare. Partenza alle 03:40 di mattina.

#8 Varanasi – 5 marzo.

Arriviamo in tarda mattina devastati da una nottata estrema. L’ambiente stile cuccette non è stato cordiale nei miei confronti, che data la stazza si è rivelato di una scomodità importante. Arrivati in hotel collassiamo tutti quanti fino alle 5,30 quando usciamo per una passeggiata sul Gange e per ammirare il rito della Puja.

#9 Varanasi – 6 marzo.

Sveglia presto per ammirare l’alba in barca sul Gange: magnifica. Successivamente facciamo una passeggiata per la città e continuo ad avere ispirazione per ritratti di gente di strada e un po’ di reportage street tra chi si immerge nel fiume e chi brucia i cadaveri (link) sulle sponde del fiume. Visitiamo i forni crematori.

Alle 5,30 facciamo una lezione di yoga, principalmente hatha e qualche accenno di Vinyasa.

#10 Transfer per Lumbini, Nepal – 7 marzo.

Il mio viaggio da Delhi a Varanasi

Unica direzione, 7 compagni di viaggio, transfer, tuktuk, treno notturno e tanto altro nel mio viaggio in India.

L’unica volta in cui il pensiero di visitare l’India mi è passato per la testa fu durante il viaggio a Zanzibar parlando con la mia coordinatrice WeRoad Teda e della sua esperienza in quella terra. Ero esterrefatto, impaurito, per nulla attratto. Bisogna però dire che non mi sono mai soffermato a studiare meglio questo paese e per quale motivo dovessi visitarlo. Era un’altra vita, l’ipotesi di prendermi un periodo di aspettativa dal lavoro di certo non era nella mia testa, ancora. Credo che la decisione di prendermi una pausa dal lavoro e provare a cambiare radicalmente la mia vita e le mie abitudini abbia influito non poco nel rispolverare curiosità, desiderio, incoscienza nell’intraprendere viaggi particolari. Il passaggio verso l’idea di star fuori per tre mesi, beh, quello è arrivato all’improvviso.

Non avendo alcun tipo di aspettative da questa terra, scelgo di affrontare il viaggio in compagnia, anche per creare un mood più “leggero” e perché no darsi anche una mano a vicenda. Quello che si delinea una volta atterrato a Nuova Delhi è sconcertante, e non capisco se in positivo o in negativo; completamente disorientato da ciò che mi succede intorno. L’aria è intrisa di terra, il cielo mai del tutto limpido, sembra una foto con una patina perenne di un colore non ben identificato tra il bianco e il marrone. Clacson, solo incessanti clacson e traffico. Sembra un inferno organizzato, ma pronto a inghiottirti se fai un passo falso. Il tutto è condito dai mille odori di cucina e spezie che il primo giorno ti incuriosiscono, vorresti assaggiare tutto, ma che dopo dieci giorni vorresti solo tornare a casa, aprire il cassetto delle spezie in cucina e fiondarlo giù dal balcone incurante degli eventuali passanti.

La differenza tra la città vecchia e quella nuova sta nel concetto di spazio vitale, ma non nella densità abitativa, che resta al di sopra di ogni pensiero cosciente. 38 milioni di abitanti affollano ogni giorno questa metropoli poco più grande di Roma. Il loro concetto culturale è di vivere in poco spazio, possibilmente uno accanto l’altro, o sopra. È incredibile constatare, ovunque io sia stato in India, che le persone non hanno alcun tipo di problema nel convivere quotidianamente ammassati. Che sia per strada o nelle botteghe, sulle moto, nei tuktuk o nei treni; sempre ed esclusivamente incastrati tra di loro.

viaggio in India Tramonto sui templi di Orchha

Gwalior e Orchha sono principalmente delle cittadine famose per i loro forti e templi. Con il gruppo riusciamo a immergerci nella vita locale, “feste di paese”, nei mercati, respirando un po’ di vera India lontano dai tour organizzati. Il tramonto sui templi a Orchha è stato inaspettato; suggestivo vedere come il sole colori di rosso le guglie e lo accompagni secondo dopo secondo mentre va nascondendosi dietro ad esse.

Alba al Taj Mahal
ritratto bambina india

L’alba al Taj Mahal invece me l’aspettavo tanto imponente quanto il palazzo stesso. Complice il cielo non liberissimo dalle perenni foschie indiane. Ad ogni modo il fattore comune che più mi ha fatto riflettere è l’infinità di bambini per strada, sporchi come mai avevo visto in vita mia, nel fango, buttati per terra svestiti. Ciò che fa la differenza nel mio animo sono i loro occhi e sguardi, così profondi, quasi ipnotizzanti, che siano in grembo o meno; sono veramente un dono del cielo. Tutte queste sensazioni mi devastano con lo stesso impeto di quanto mi emozionano. Riuscire a donargli un sorriso, giocando con loro, comprandogli dei vestiti, un biscotto è il massimo che riesco a fare. La baraccopoli o colonia “slum” di Sanjay a Nuova Delhi è pure fantascienza per noi occidentali. Non sarebbe esaustiva alcuna descrizione rispetto a quanto i miei occhi, naso e orecchie hanno vissuto. Quasi l’intero importo della visita è devoluto, da parte della onlus che organizza la giornata, alla colonia stessa, occupandosi dell’istruzione per i bambini principalmente.

Vorrei raccontare a chi non può permettersi di viaggiare culture e terre lontane dai nostri concetti di stile di vita, attraverso i miei diari e fotografie. Non c’è stipendio che posso reggere il confronto con le emozioni che il genere umano può regalarti.

Il cibo indiano meriterebbe un capitolo a parte, ma in realtà il mio stomaco, naso e palato non mi hanno permesso di assaggiare tutto. È veramente tutto troppo speziato, impossibile descrivere gli odori che ti perforano tutti i sensi rendendoti insensibile, azzerandoti qualsiasi facoltà sensoriale. Non sono mai stato male ad eccezione di quando, in perfetto tempismo, io abbia deciso di dare di stomaco alle tre di mattina nel cestino più lercio della stazione ferroviaria più improbabile della mia vita, poco prima di salire sul treno notturno che ci avrebbe portato a Varanasi. Sono quegli episodi che ricorderò per sempre.

Non tornerò in India a breve, ma non per l’altalena di emozioni, ma per dare priorità ad altre mete. Ad ogni modo, che ho vissuto, visto, lo porterò come bagaglio, come esempio di rinuncia ai vizi e al consumismo sfrenato dell’occidente.

Sponda del Gange

#1 Delhi – 26 febbraio. Prima passeggiata in questa metropoli. Temperatura sui 28-30°, non umido. Caos organizzato, traffico, clacson incessanti, baraccopoli e aree decisamente più curate si alternano nello scenario ai miei occhi. Niente semafori, anarchia stradale. Le prime corse in tuktuk mi fanno immergere pienamente in questa atmosfera di delirio. Mi riunisco pian piano con i miei compagni di viaggio nel pomeriggio e poi verso sera si brinda all’inizio di questa avventura.

#2 Delhi – 27 febbraio. Visita guidata della città:

Giro per Old Delhi, la città vecchia. Lo stesso caos lo ritrovo anche nella parte antica contraddistinta da stradine, piccole botteghe. Rimango impressionato dai vicoli, soprattutto il Chandni Chowk. Inizio a scattare qualche ritratto. Molti segni di degrado e povertà si palesano ai miei occhi. Le persone sono cordiali ma l’odore del cibo e delle spezie è già disturbante.

Visita alla colonia “slum” Sanjay. Praticamente è una fogna a cielo aperto di 25 ettari quadrati Una comunità nata attorno a piccole industrie tessili dedicate al riciclo di materiale di vestiti e stoffe. Per strada si alternano vacche, galline, corsi d’acqua putrida, stracci e balle di vestiti, bambini rigorosamente scalzi, sporchi che defecano all’aria aperta. Ci perdiamo nei vicoli, visitiamo case diroccate e parliamo con uno dei medici della colonia. Il “tour” è gestito da una NGO che devolve l’80% alla colonia stessa, principalmente per l’istruzione dei minori.

#3 Da Delhi ad Agra – 28 febbraio

La stazione ferroviaria di Delhi è l’esatta rappresentazione della città: baraccopoli con animali, mendicanti e turisti in partenza accompagnati da guide per non perdersi e indovinare il giusto binario. Arriviamo ad Agra con un treno in circa 3 ore.

Agra è una cittadina, la qualità dell’aria sembra migliore, ma il degrado, la povertà, la sporcizia e la confusione non tardano ad arrivare. Ci riuniamo con la nostra guida detto che ci porta subito al Taj Mahal attraverso un parco che ti permette di ammirarlo con una visuale posteriore. Il bagliore bianco del palazzo è a tratti accecante. Poco dopo andiamo a comprare abiti tradizionali per la sera, ma prima di cena non ci facciamo un tuffo in piscina per rinfrescarci.

Dopo cena facciamo una passeggiata nella via principale e ci perdiamo in una fiera locale. Iniziano tutti a fermarci per dei selfie (e sarà così per tutto il viaggio), siamo l’attrazione locale; mi fermano per guardare i tatuaggi, sono affascinati e forse impauriti. Rientriamo in hotel sul presto, pronti per mettere la sveglia prima dell’alba, direzione Taj Mahal.

#4 Agra – 1 marzo.

Ore 06:30, arriviamo all’ingresso principale del Taj Mahal, il cielo è un po’ schermato da una leggera foschia ma l’atmosfera è comunque suggestiva.

Ore 07:30, il cielo si apre, il sole continua a salire, una palla rossa che svela luci e ombre che aggiungono ancora più fascino al palazzo.

#5 Gwalior – 2 marzo.

Visitiamo il forte Qila di Gwalior. Serata per le vie del paese con sagra e festa locale.

#6 Orchha – 3 marzo

Visita al mercato locale per le stradine. Finalmente riesco a rilassarmi e concentrami su qualche ritratto. Visitiamo il tempio Chaturbhuj.

Per pranzo abbiamo una cooking class presso una famiglia. Esperienza fantastica, persone splendide e gentilissime. Riusciamo a cucinare anche qualcosa non troppo speziata, il puri agli spinaci è qualcosa di divino. Verso il tardo pomeriggio ci spostiamo sul fiume per ammirare il tramonto sui templi.

#7 Khajuraho – 4 marzo.

La città dei templi del Kamasutra. Visitiamo i principali e verso pranzo ci spostiamo verso il safari nel parco “penna tiger reservation” ma non vediamo alcuna tigre.

Relax fino a mezzanotte e poi tutti pronti per il treno notturno per Varanasi, che peccato fa 3 ore di ritardo e ci ritroviamo quindi a dover aspettare. Partenza alle 03:40 di mattina.

#8 Varanasi – 5 marzo.

Arriviamo in tarda mattina devastati da una nottata estrema. L’ambiente stile cuccette non è stato cordiale nei miei confronti, che data la stazza si è rivelato di una scomodità importante. Arrivati in hotel collassiamo tutti quanti fino alle 5,30 quando usciamo per una passeggiata sul Gange e per ammirare il rito della Puja.

#9 Varanasi – 6 marzo.

Sveglia presto per ammirare l’alba in barca sul Gange: magnifica. Successivamente facciamo una passeggiata per la città e continuo ad avere ispirazione per ritratti di gente di strada e un po’ di reportage street tra chi si immerge nel fiume e chi brucia i cadaveri sulle sponde del fiume. Visitiamo i forni crematori.

Alle 5,30 facciamo una lezione di yoga, principalmente hatha e qualche accenno di Vinyasa.

#10 Transfer per Lumbini, Nepal. 7 marzo.